giovedì 14 giugno 2007

Cicerone - In difesa di Archia (in italiano)

Cicerone: Difesa di Archia



DIFESA DI ARCHIA



I 1 Giudici, se è in me qualche talento, - e so quanto esso sia limitato
-, se ho qualche pratica in campo oratorio, e non nego di esservi
moderatamente versato, se in questo settore possiedo un qualche metodo che
devo allo studio delle migliori teorie, e ai loro precetti da cui nemmeno
per un attimo della mia vita, lo confesso, mi sono discostato, il qui
presente Aulo Licinio più di ogni altro ha il diritto di reclamarne il
frutto. Infatti, sin dove la mia mente può giungere volgendosi al lontano
passato e rievocando i più remoti ricordi della puerizia, lo rivedo sempre
accanto a me, che mi invoglia e mi avvia a questo genere di studi. Se
questa mia arte, modellata dal suo incoraggiamento e dai suoi consigli, è
stata talvolta di salvezza a qualcuno, io, per quanto sta in me, ho il
dovere di portare aiuto a quest'uomo, dal quale ho ricevuto i mezzi per
aiutare gli altri e in qualche caso per salvarli.
2 E perché nessuno si stupisca che io parli così di un uomo il cui ingegno
ha attitudini diverse dalle mie, estranee, cioè, all'arte e all'esercizio
dell'eloquenza, sappiate che neanche io mi sono sempre unicamente
interessato a questa sola disciplina. Infatti, tutte le scienze che
interessano l'uomo sono intimamente connesse e unite tra loro da una sorta
di affinità.
II 3 Ma perché a nessuno di voi sembri strano che in una questione di
diritto, nel corso di un processo pubblico, svolto davanti al pretore del
popolo romano, uomo esemplare, e agli integerrimi giudici e alla presenza
di un pubblico così numeroso, io mi serva di un genere di eloquenza tanto
lontano dalla consuetudine giudiziaria ma anche dal linguaggio del foro,
vi chiedo, in questa causa, di concedermi tale licenza, utile all'imputato
e, spero, non spiacevole per voi: permettete che parlando in difesa di un
eccellente poeta e uomo dotto, confidando nella presenza di uomini tanto
amanti delle lettere, nella vostra cultura e nell'autorità del pretore che
presiede il tribunale, io tratti liberamente, seppur in modo conciso,
degli studi letterari, e che, per una tale personalità, la quale, grazie a
una vita tutta dedita al sapere, non ebbe mai problemi con la legge, io
possa valermi di un genere di eloquenza insolito e quasi nuovo.
4 Pertanto, se capirò che questa facoltà mi è data e concessa, cercherò di
convincervi non solo a non cancellare dal numero dei cittadini il qui
presente Aulo Licinio, ché già gode dei diritti politici, ma anche che
bisognerebbe includerlo tra i cittadini, se già non lo fosse .
III Intorno ai quindici anni, Archia, di nobili origini abbandonò quelle
materie di studio utili solitamente ad avvicinare i più piccoli alla
cultura e incominciò a scrivere poesie; dapprima, grazie al suo talento,
riscosse su tutti un immediato successo nella natia Antiochia, città a
quel tempo famosa, ricca e sede di vivaci scambi culturali . In seguito,
in ogni regione dell'Asia e in tutta la Grecia il suo arrivo era accolto
con grande entusiasmo: l'aspettativa superava la fama del suo ingegno, ma
poi, al suo arrivo, l'ammirazione superava ogni attesa.
5 A quel tempo in Italia si coltivava con passione la cultura greca: nelle
città del Lazio ci si dedicava a quello studio con maggiore dedizione di
quanto si faccia oggi nelle stesse località, e anche qui a Roma, città
allora tranquilla sotto il profilo politico. Ecco perché gli abitanti di
Taranto, Reggio e Napoli concessero ad Archia il diritto di cittadinanza e
altri riconoscimenti: chiunque fosse in grado di apprezzare le persone di
talento, desiderava vivamente conoscerlo e ospitarlo in casa sua. Con
questa fama che si era diffusa ovunque, anche in luoghi da lui mai
visitati, arrivò a Roma al tempo del consolato di Mario e Catulo. Strinse
subito amicizia con questi due uomini politici che, con il racconto delle
loro gesta, gli potevano suggerire materiale utile per comporre; per di
più, Catulo rivelava anche interesse e predisposizione per la poesia. Poco
dopo, quando ancora Archia era adolescente, entrò a far parte della
cerchia dei Luculli. Anche in questa circostanza dimostrò talento e
cultura, ma si distinse soprattutto per le buone qualità del suo
carattere: non per nulla questa famiglia, a lui così vicina durante la
giovinezza, gli è ancora oggi assai legata, benché siano trascorsi
parecchi anni.
6 Sempre a quei tempi godeva dell'amicizia del famoso Metello Numidico e
del figlio Pio; godeva della stima di Marco Emilio; si intratteneva con
Quinto Catulo, sia padre che figlio; era trattato con riguardo da Lucio
Crasso; aveva grande confidenza, oltre che con i Luculli, con Druso, gli
Ottavi, Catone e tutta la famiglia degli Ortensi. Gli veniva tributata la
massima considerazione: e a onorarlo non erano solo quelli desiderosi di
ascoltarlo e di imparare da lui, ma anche chi trovava conveniente
comportarsi così.
IV Intanto, era trascorso già un po' di tempo e Archia era partito per la
Sicilia in compagnia di Marco Lucullo; sempre insieme a lui, poi, di
ritorno da quella provincia, si era fermato a Eraclea, città che, a
condizioni molto vantaggiose, era alleata e fedele alle leggi di Roma. Il
poeta, che aspirava ad averne la cittadinanza, fu accontentato dai
cittadini di Eraclea per i suoi meriti personali, ma soprattutto per
l'autorevole interessamento di Lucullo.
7 Secondo la legge di Silvano e Carbone la cittadinanza era concessa: «a
quelli che fossero iscritti a una città federata, che avessero avuto
domicilio in Italia all'atto della presentazione della legge e che si
fossero fatti registrare dal pretore entro sessanta giorni». Archia, che
risiedeva a Roma ormai da molti anni, si recò dal pretore Quinto Metello,
suo caro amico, perché lo registrasse.
8 Se non devo parlare di altro che del diritto di cittadinanza e della
legge, non dirò di più: il mio compito è terminato. Quale delle prove da
me addotte puoi confutare, Grazio? Avresti il coraggio di negare che
l'imputato è cittadino di Erclea? Per fortuna è qui presente un testimone
davvero attendibile, probo e leale: Marco Lucullo. Egli afferma non di
ritenere ma di sapere, non di aver sentito dire ma di aver visto con i
suoi occhi, di essere stato non comparsa, ma protagonista. Sono presenti
anche gli inviati di Eraclea, uomini nobilissimi giunti col mandato di
testimoniare pubblicamente a questo processo: essi dichiarano che Archia è
loro concittadino. Tu, però, vuoi vedere i registri ufficiali della città
che, come tutti sanno, sono bruciati insieme con l'archivio durante la
guerra italica. È davvero ridicolo non tener conto delle prove che
possediamo e smaniare per ciò che non possiamo avere; passare sotto
silenzio le testimonianze di questi uomini e insistere per un pezzo di
carta; sono a tua disposizione le testimonianze di un personaggio illustre
e attendibile e di un municipio leale e fedele, che non si possono proprio
manipolare, e tu le rifiuti e desideri i registri che - sei tu il primo a
dirlo - solitamente sono falsificati!
9 Non ebbe forse domicilio a Roma Archia, che trasferì in città ogni suo
bene, anche il patrimonio, molto prima di ottenere la cittadinanza? Non si
presentò al pretore per farsi registrare? Certo che lo fece: e proprio su
quei registri che, fra quanti servono per la dichiarazione presso il
collegio dei pretori, sono gli unici a valere come registri ufficiali.
V D'altra parte, è voce comune che l'archivio di Appio sia stato custodito
in modo assai negligente; Gabinio, successivamente, fece perdere ogni
residua fiducia in questi registri: in un primo tempo, finché non ebbe
guai con la legge, fu solo impreciso e superficiale, poi, dopo la
condanna, ne rovinò del tutto la reputazione. Invece, Metello, sicuramente
il più onesto e scrupoloso fra tutti, si comportò sempre con coscienza;
addirittura, una volta si presentò allarmato ai giudici e al pretore Lucio
Lentulo per segnalare la cancellatura di un nome. Su questi documenti,
però, non c'è traccia di manomissione al nome Aulo Licinio.
10 E allora, visto che la situazione è questa, perché dovreste ancora
mettere in dubbio la sua cittadinanza, dato che ottenne anche quella di
altre località? Mentre in Grecia la si accordava a gente di scarso valore,
a volte neppure dotata del minimo ingegno, è ovvio che gli abitanti di
Reggio, Locri, Napoli e Taranto non abbiano rifiutato ad Archia,
ricchissimo di talento, un beneficio concesso solitamente agli attori di
teatro! Ci sono state poi persone che, non solo dopo l'estensione della
cittadinanza agli Italici, ma anche in séguito alla legge Papia, sono
riuscite a intrufolarsi con qualche espediente nei registri di quei
municipi; Archia, invece, che non si serve neanche di quelli in cui è
regolarmente iscritto e ci teneva a essere considerato cittadino di
Eraclea, si vedrà da voi rifiutato?
11 Ma tu insisti per vedere i nostri registri del censo. Puoi aver
ragione: infatti, non lo sa nessuno che durante la scorsa censura Archia
si trovava presso l'esercito con il ben noto comandante Lucio Lucullo; in
quella precedente, invece, era in Asia sempre con lo stesso questore;
ancor prima, sotto i censori Giulio e Crasso, non si procedette ad alcun
censimento. D'altra parte, poi, questa procedura non dimostra né
garantisce il diritto di cittadinanza, ma indica soltanto che chi è stato
registrato nelle liste del censo si è comportato da vero cittadino romano.
Ai tempi in cui tu lo accusi di non aver goduto, secondo la sua stessa
confessione, del diritto di cittadinanza, egli fece più volte testamento
avvalendosi delle nostre leggi, entrò in possesso di eredità di cittadini
romani e, grazie al proconsole Lucio Lucullo, fu registrato tra coloro che
ricevevano gratifiche dall'erario.
VI Procurati dunque altre prove, se sei capace: Archia non potrà essere
smentito, a giudizio suo e degli amici.
12 Grazio, tu mi chiederai perché io tenga tanto a quest'uomo. Perché è
sempre disponibile a due chiacchiere quando, dopo una giornata trascorsa
in mezzo al chiasso e alla folla del foro, voglio riprendere fiato e star
tranquillo. Non penserai che potrei parlare tutti i giorni degli argomenti
più disparati, se non coltivassi l'animo con la poesia! O credi forse che
potrei sopportare una tensione così intensa, se non mi rilassassi con la
poesia?! Ebbene sì, confesso di essermi dedicato a questo genere di studi.
Si vergogni piuttosto chi si immerge a tal punto nello studio delle
lettere da non far nulla di utile alla società, e da non produrre
alcunché! Ma perché dovrei vergognarmi io che da tanti anni ho scelto di
vivere, giudici, sacrificando nell'interesse e per la difesa del cliente i
miei momenti liberi, il divertimento e persino il sonno?
13 Nessuno, quindi, potrà rimproverarmi o prendersela a ragione con me, se
il tempo che alcuni utilizzano per sbrigare i loro affari, per celebrare
nel circo i giorni di festa, o semplicemente per divertirsi e riposare
corpo e mente o che altri dedicano a interminabili banchetti, al tavolo da
gioco alla palla, io lo spendo per ampliare i miei studi. E a maggior
ragione me lo si deve concedere: infatti, grazie a questi studi, cresce la
mia padronanza di linguaggio che, grande o piccola non importa, non è mai
mancata agli amici in difficoltà. Qualcuno, forse, può giudicarla cosa di
scarsa importanza: ma io so che è importantissirna e so da quale fonte
attingerla.
14 Se fin dall'adolescenza, grazie all'insegnamento di numerosi maestri e
ad approfonditi studi, non mi fossi persuaso che nella vita nulla si deve
desiderare con forza, quasi fosse un dovere, tranne la fama e la virtù, e
che per ottenerle si deve essere disposti a tenere in poco conto tutti i
tormenti fisici, la morte e l'esilio, non mi sarei mai esposto per la
vostra salvezza a tante gravose contese e agli attacchi quotidiani di
gente senza scrupoli. Ma di questi ragionamenti sono zeppi i libri, i
discorsi degli uomini di buon senso e gli esempi antichi: ma sarebbero
tutte cose immerse nelle tenebre più fitte, se non fosse la letteratura a
illuminarle. Quanti ritratti di personaggi illustri da ammirare e imitare
ci hanno lasciato gli scrittori greci e latini! E io, tutte le volte che
rivestivo una carica della repubblica, conformavo il mio cuore e la mia
mente al pensiero dei grandi del passato.
VII 15 Qualcuno chiederà: «E con questo? Vuoi dire che tutti quei grandi
uomini, del cui valore rimane testimonianza nelle opere letterarie, furono
forse eruditi in questa scienza, che tu tanto lodi?». Non è facile esserne
certi per tutti, ma so cosa rispondere: molti di questi uomini, lo
riconosco, pur nella loro ignoranza, ebbero qualità straordinarie e
rivelarono un grande equilibrio per una disposizione naturale, che oserei
dire divina. Anzi, potrei aggiungere che più spesso, per arrivare al
successo, si sono dimostrate maggiormente efficaci le doti naturali senza
cultura, che la cultura senza doti naturali. Di una cosa, però, sono
proprio convinto: quando a un'indole nobile e ricca di talento si aggiunge
un metodico indirizzo scientifico, allora il vero genio si manifesta.
16 Mi riferisco a tutta una serie di uomini del passato, ben noti ai
nostri padri: l'Africano, unico nel suo genere; Caio Lelio e Lucio Furio,
famosi per il loro esemplare equilibrio; e quell'uomo tanto energico e,
per quei tempi, così dotto, Marco Catone. Ebbene, se costoro avessero
ritenuto lo studio della poesia del tutto inutile per comprendere e
mettere in pratica la virtù, non si sarebbero dedicati a esso con tanto
fervore. Ma quand'anche non si manifestassero frutti tanto preziosi e a
questi studi si richiedesse solo il piacere, anche in questo caso, come
credo, dovreste giudicare questo passatempo dello spirito il più nobile e
degno dell'uomo. Infatti, gli altri tipi di svago non sono adatti a tutte
le circostanze, a tutte le età e a tutti i luoghi; questi studi, invece,
aiutano i giovani a crescere, dilettano gli anziani, celebrano gli eventi
favorevoli, offrono aiuto e conforto durante le avversità, rallegrano
entro le mura domestiche, non sono d'impaccio fuori, ci tengono compagnia
durante la notte, in viaggio e in vacanza.
VIII 17 Se poi non potessimo in prima persona attendere a questi studi, né
gustarli con la nostra sensibilità, quantomeno dovremmo ammirarli vedendo
che altri vi attendono. Chi di noi ebbe un animo così insensibile e rozzo
da non commuoversi qualche tempo fa per la scomparsa di Roscio? Egli,
morto in età avanzata, per la sua arte straordinaria e per la sua
eleganza, dava tuttavia l'impressione che non sarebbe dovuto morire mai.
Roscio si era accattivato l'affetto e l'ammirazione di tutti noi
semplicemente con i movimenti del suo corpo: e noi non dovremmo forse
tenere in considerazione gli illimitati movimenti dello spirito e
l'agilità della mente?
18 Quante volte io ho visto Archia, qui presente, o giudici - e
considerando che mi ascoltate con tanta attenzione mentre sperimento una
nuova tecnica oratoria, approfitterò della vostra benevolenza - quante
volte, dicevo, l'ho visto improvvisare un gran numero di versi
incredibilmente belli su vari argomenti d'attualità, senza aver scritto
una sola riga! E quante volte l'ho sentito ripetere lo stesso discorso con
parole ed espressioni completamente differenti! Inoltre, ho potuto
constatare che le poesie da lui messe per iscritto dopo attenta
riflessione, sono giudicate degne di essere equiparate alle più famose e
lodate opere degli antichi scrittori. Quindi, non dovrei apprezzare
quest'uomo? Non dovrei ammirarlo e ritenere che lo si deve difendere a
ogni costo? Inoltre, noi siamo venuti a conoscenza dal pensiero di
personalità autorevoli e di grandissima cultura che l'apprendimento di
qualunque altra disciplina si fonda sulla teoria, sugli insegnamenti e sul
talento personale; il poeta invece si avvale del suo stesso modo di essere
ed è spinto a comporre dalle forti capacità della sua mente, come animato
da una sorta di ispirazione divina. Per questo motivo ben a ragione il
nostro Ennio definisce «sacri» i poeti, in quanto sembra che ci siano
stati concessi quasi come un prezioso dono degli dèi.
19 Quindi, o giudici, poiché siete estremamente civili, considerate
sacrosanto questo titolo di poeta, che mai nessun uomo, neanche barbaro,
osò profanare. Le montagne e i deserti rispondono alla sua voce, persino
gli animali più feroci diventano mansueti e si fermano al suo canto: e
noi, che siamo stati educati esemplarmente, non dovremmo essere colpiti
dalle parole dei poeti? Gli abitanti di Colofone sostengono che Omero sia
loro compatriota, quelli di Chio lo rivendicano a sé, i cittadini di
Salamina insistono di avergli dato i natali; quelli di Smirne, poi, ne
sono così convinti che gli hanno persino dedicato un tempietto in città;
numerosi altri se lo contendono con accanimento.
IX Dunque tante persone reclamano, anche dopo la morte, uno straniero, per
il semplice fatto che fu un poeta; e noi rifiuteremo Archia, che è vivo e
già ci appartiene, per sua scelta e per la legge? Non dimentichiamo che
Archia ha messo più volte la sua arte e il suo talento al servizio del
popolo romano, per celebrarne la grandezza e il prestigio. Quando infatti
era ancora un ragazzo, trattò delle campagne contro i Cimbri e piacque
persino a Caio Mario, che pure sembrava alquanto insensibile alla poesia.
20 D'altra parte, nessuno è così ostile alle Muse da non sopportare che
l'eterna lode delle sue imprese sia affidata alla poesia. Si dice che il
famoso Temistocle, il sommo ateniese, interrogato su quale voce ascoltasse
più volentieri declamare, abbia risposto: «Quella del più bravo a esaltare
le mie gesta». Allo stesso modo Mario fu molto legato a Lucio Plozio dal
cui ingegno credeva potessero essere celebrate le sue imprese.
21 Archia ha già raccontato tutta la grande, difficile guerra contro
Mitridate, svoltasi, tra alterne vicende, per terra e per mare. Il libro
pone in ottima luce non solo Lucio Lucullo, uomo molto forte e famoso, ma
anche il nome del popolo romano. È stato infatti l'esercito di Roma agli
ordini di Lucullo ad aprire la via del Ponto, un tempo difeso dalla natura
stessa dei luoghi e dalle forze armate del re; guidato dallo stesso
comandante, è stato l'esercito del popolo romano a sbaragliare con poche
truppe le innumerevoli forze degli Armeni; è vanto del popolo romano avere
salvato dagli attacchi del re la città amica di Cizico per l'avvedutezza
dello stesso Lucullo, e averla strappata dalle fauci insaziabili di una
guerra feroce; sempre sarà detta nostra e sarà celebrata quella
incredibile battaglia navale presso Tenedo - anche là combatteva Lucio
Lucullo - nella quale la flotta nemica fu affondata e uccisi tutti i
comandanti. Nostri sono i trofei, nostri i monumenti, nostri i trionfi. E
quelli che con la loro arte esaltano queste imprese, celebrano la gloria
del popolo romano.
22 Ennio fu molto caro all'Africano Maggiore e si racconta che gli fu
dedicata una statua di marmo, posta nella tomba di famiglia degli
Scipioni. D'altra parte, è vero che il poeta, tessendo gli elogi di un
uomo, celebra indirettamente anche il nome dell'intero popolo romano.
Catone, antenato del suo omonimo qui presente, ha un posto tutto suo in
cielo: questo è un grande onore che va ad aggiungersi alle gesta del
popolo romano. E infine, i lusinghieri appellativi con cui sono definiti i
membri delle famiglie dei Massimi, dei Marcelli, dei Fulvi danno gloria a
tutti noi.
X I nostri padri hanno concesso la cittadinanza all'uomo di Rudie, autore
di quei canti; e noi scacceremo quest'uomo di Eraclea, conteso da numerose
città che si è stabilito legalmente in Roma?
23 Se poi qualcuno crede che si ricavi minor gloria dai versi greci che da
quelli latini sbaglia di grosso, perché le opere scritte in greco si
leggono quasi ovunque, mentre le latine sono contenute nei loro assai
ristretti confini. Perciò, se è vero che le nostre imprese sono delimitate
dalle estreme regioni della terra, dovremmo desiderare che, dove giunsero
le armi impugnate dalle nostre mani, là si spingano anche la nostra fama e
la nostra gloria; giacché, come queste opere recano onore ai popoli di cui
si narrano le gesta, così sono d'incitamento ad affrontare pericoli e
fatiche per chi rischia la vita in nome della gloria.
24 Quanti scrittori delle sue imprese si dice abbia avuto al suo séguito
Alessandro Magno! Eppure, quando si fermò davanti al sepolcro di Achille
nel Sigeo, disse: «Fortunato, giovane, che trovasti Omero come cantore del
tuo valore!». E aveva ragione: senza l'Iliade, infatti, la tomba che
ricopriva il suo corpo avrebbe sepolto anche la sua fama. Questo esempio
non vi basta? Aggiungerò allora che il nostro Pompeo Magno, valoroso
quanto fortunato, durante un'adunata militare, fece dono della
cittadinanza al suo biografo Teofane di Mitilene; e i nostri soldati,
forti certo, ma rozzi, eccitati dall'ebrezza della gloria come se fossero
stati partecipi dello stesso riconoscimento, approvarono quel gesto con
alte grida.
25 Ecco perché io credo che se Archia non fosse legalmente un cittadino
romano, nessun comandante gli avrebbe negato un tale privilegio. E Silla,
che concedeva la cittadinanza a Spagnoli e Galli, penso che lo avrebbe
accontentato se l'avesse richiesta; una volta, durante un'assemblea - e io
ne fui testimone -, un poeta da due soldi, uno del popolo, gli aveva
mostrato un breve epigramma in suo onore, che aveva il solo pregio di
essere scritto in distici; Silla, allora, scelse uno fra gli oggetti che
stava vendendo all'asta, e glielo donò, a patto che non componesse più un
solo verso. Vi sembra possibile che un uomo capace di reputare degno di un
premio l'impegno di un poeta da nulla, si sarebbe lasciato sfuggire il
talento, l'abilità nello scrivere e la vena di costui?
26 Figuriamoci! Archia non avrebbe forse potuto ottenere la cittadinanza
da Quinto Metello Pio, suo intimo amico che l'aveva concessa a molti, sia
per i suoi meriti, sia per l'appoggio dei Luculli? Metello, inoltre, era
arso dal desiderio che si scrivesse delle sue imprese, al punto che
prestava orecchio persino ai poeti di Cordova, dallo stile ridondante ed
esotico.
XI Non si deve passare sotto silenzio l'evidenza dei fatti, ma dire come
stanno davvero le cose: tutti quanti siamo presi dal desiderio di
successo, anzi più uno è bravo, più è innamorato della gloria. Persino i
filosofi pongono il loro nome su quei libri nei quali vanno predicando il
disprezzo della gloria: laddove tuonano contro l'encomio e la celebrità
vogliono essere encomiati e celebrati.
27 Anche Decimo Bruto, grandissimo uomo e generale, si servì dei versi del
suo caro amico Accio per fregiare gli ingressi dei templi e dei monumenti
da lui fatti costruire. E quel famoso comandante che combattè assieme a
Ennio contro gli Etoli, Fulvio intendo dire, senza esitare consacrò il
bottino di guerra alle Muse. Perciò, nella città dove i generali ancora in
armi onorarono il nome dei poeti e i templi delle Muse, i giudici togati
non dovrebbero rifiutarsi di onorare le dee della poesia e difendere i
poeti.
28 E perché, giudici, facciate ciò più volentieri, vi parlerò in tutta
sincerità; vi confesserò il desiderio di gloria, che forse in me è troppo
acuto, ma che tuttavia è onorevole. Quest'uomo cominciò a scrivere in
versi le azioni che insieme con voi, durante il mio consolato, io feci per
la salvaguardia del prestigio di questa città, per la vita stessa dei suoi
abitanti e per tutto lo stato. Ascoltati quei versi, lo esortai a portare
a termine la sua opera che a me sembrò importante e bella. Infatti il
valore non chiede altro compenso delle fatiche e dei pericoli, fuorché il
riconoscimento e la gloria, tolta la quale, giudici, che cosa rimane per
cui dovremmo affannarci, in questa vita così breve?
29 Certo, se l'animo non avesse qualche speranza nel futuro e se limitasse
tutti i pensieri entro lo spazio in cui è circoscritta la nostra vita, non
si logorerebbe in così grandi fatiche, non si tormenterebbe in tanti
affanni e veglie, non rischierebbe tante volte la vita. Ma per fortuna
negli animi migliori è radicato un impulso che notte e giorno sprona con
lo stimolo della gloria e impone di non limitare la memoria del nostro
nome al tempo della vita, ma di estenderla alla posterità.
XII 30 Ma noi, che ci occupiamo della politica dello stato, con tutti i
pericoli e gli inconvenienti che questo mestiere comporta, dovremo
mostrarci di animo così ristretto da credere che quanto ci circonda morirà
con noi, mentre fino all'ultima ora non abbiamo avuto un momento di
tranquillità e riposo? I grandi del passato si preoccuparono di lasciare
di sé statue e ritratti, ma tutti erano l'immagine dei corpi, non degli
animi; noi, invece, non dobbiamo piuttosto desiderare che ci sopravviva
l'immagine dei nostri pensieri e delle nostre virtù mirabilmente espressa
dalle opere degli ingegni superiori? Io, nel momento in cui compivo le
azioni che ho compiuto, ero convinto che avrebbero contribuito a spargere
e disseminare per il mondo l'eterna memoria di me. La quale memoria, o che
dopo la morte non sia più percepibile dai miei sensi, o che, come pensano
alcuni filosofi, possa ancora in qualche modo interessare il mio animo ora
comunque mi dà piacere quando ci penso e quando spero che si realizzi.
31 Assolvete, dunque, o giudici, un uomo di tale onorabilità, che, vedete,
gode da lunga data della stima di amici autorevoli; un uomo il cui ingegno
è così vasto, da suscitare grande ammirazione e da essere ricercato dalle
menti più acute; inoltre sono dalla sua parte la legge, l'autorità di un
municipio, la testimonianza di Lucullo e i registri di Metello. Stando
così le cose, se così alti ingegni hanno diritto alla raccomandazione non
solo degli uomini ma anche degli dèi, vi chiedo, o giudici, che a costui -
che ha sempre fatto le lodi vostre, dei vostri condottieri e del popolo
romano e sta per dare un'eterna testimonianza dei recenti pericoli interni
corsi da me e da voi, ed è tra quelli che sono sempre stati ritenuti e
chiamati sacri -, a costui, dicevo, sia accordata la vostra protezione,
così che appaia che egli sia stato aiutato dalla vostra bontà piuttosto
che offeso dalla vostra intransigenza.
32 Tutto quello che nel merito della causa ho argomentato, come mia
consuetudine, in modo chiaro e conciso, spero abbia trovato l'approvazione
di tutti, o giudici; quanto poi ho esposto fuori dalla consuetudine
forense e giudiziaria, intorno all'ingegno di quest'uomo e alla sua arte
in generale, spero sia stato accolto con buon animo da voi: della
benevolenza di chi ha diretto il dibattito, non ho dubbi.

3 commenti:

Blogger ha detto...

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